Cinquant'anni fa, Rosa Oliva, una studentessa laureata in Scienze Politiche, decise di partecipare a un concorso del Ministero dell'Interno per un posto di Prefetto.Ma le mancava un requisito fondamentale. Non l'età, nè i titoli, nè la cittadinanza, ma il sesso. Non era un uomo. Una legge del 1919, infatti, precludeva alle donne l'accesso alle più importanti carriere pubbliche :a quelle che implicavano l'esercizio di diritti e potestà, alla magistratura e alla carriera militare.
Quando le fu comunicato che non poteva partecipare al concorso, se lo fece mettere per iscritto e, con l'aiuto di un suo professore, presentò ricorso prima al Consiglio di stato, che lo accolse, e poi alla Corte Costituzionale che dichiarò,il 13 maggio 1960, l'illegittimità costituzionale della legge n° 1176 del 17 luglio 1919, con la famosa Sentenza n° 33.
Dobbiamo al coraggio e alla caparbietà di Rosa Olivo se oggi le donne, ancora poche in verità, possono accedere a queste carriere, diventare magistrato, prefetto, avere pubblici poteri, avere alte cariche militari.Certo, ora siamo abituati a vedere ,almeno qualche donna,ai vertici del potere ma appena 50 anni fa era impossibile anche da immaginare. E' per questo noi donne non dobbiamo arrenderci mai,dobbiamo continuare a lottare per i nostri diritti, per le vere pari opportunità, per non essere più considerate, con sufficienza, cittadini di seri B.Dobbiamo rimuovere gli ostacoli alla nostra emancipazione con la forza dell'intelligenza e dell'impegno, ci sono ancora molti muri da abbattere e molti di questi sono fatti di pregiudizi e luoghi comuni, seguendo l'esempio di Rosa Oliva, ora mamma e nonna, che ancora non ha smesso di sognare un futuro migliore per tutte le donne.
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